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domenica 17 gennaio 2016

Il concetto di "indulgenza" nella chiesa cattolica

Anno nuovo, la stessa fame di conoscenza. E’ così che, dopo le grandi abbuffate delle feste, la Fuci si è puntualmente riunita per soddisfare ben altro tipo di fame! Il tema, lo stesso con cui a Natale ci eravamo lasciati facendoci gli auguri: il Giubileo. Stavolta però approfondendo la parte cristiana, a noi più vicina nel tempo e nel costume.

Il passaggio dal giubileo ebraico-sociale a quello cristiano-spirituale – continua Padre Luigi – avviene, come detto, nell’anno 1300 quando Bonifacio VIII, spinto da una grande folla timorosa del giorno del Giudizio e quindi desiderosa di purificazione, decide di concedere l’indulgenza plenaria a tutti coloro che si fossero recati in pellegrinaggio a Roma.
Per capire questo ed altri fatti l’origine delle parole ci viene, come al solito, in aiuto. “Indulgenza” deriva dal verbo latino indulgere (condiscendenza, condono, abolitio). I Romani usavano indulgentia essenzialmente come “remissio tributi” (remissione di un debito) o “remissio penae” (remissione di una pena), sempre quindi con accezione materiale.
Inizialmente ai cristiani si richiedeva un severo rigore rispetto a quanto affermato dalla religione cristiana, rinnegando le loro precedenti abitudini pagane. Ricordiamo che il Medioevo era anche il periodo del disprezzo delle cose terrene (“Contemptus mundi”). Coloro che cadevano in tentazione prendevano il nome
di “rapsi”.

Il percorso del penitente nel “lucrare l’indulgenza” era fatto di 3 passaggi:
- lapsus (l’errore).
- confessione, si ammetteva la propria colpa non necessariamente in pubblico ma anche intimamente al vescovo, senza giustificarsi in nessun modo.
-penitenza, che il peccatore doveva scontare in un dato lasso di tempo stabilito dal vescovo. Il fedele pentito era in genere rasato in testa e nel viso, veniva rivestito con umili panni di cilicio, doveva pregare lontano dagli altri fedeli e partecipare alla messa soltanto fino alla liturgia della parola. Successivamente si verificava che la penitenza fosse stata scontata.
Nella dottrina di allora non era il vescovo ad imporre la penitenza ma il peccatore che a questo richiedeva, come speciale privilegio, di essere ammesso all’ “ordo penitentium”.
Finalmente c’era la riconciliazione con Dio e con gli uomini.
L’indulgenza era quindi un modo per riabilitarsi dopo essere ricaduti nell’errore delle vecchie superstizioni pagane, manifestando anche fisicamente il proprio percorso di purificazione. Di qui ai giorni nostri.

Si è concluso così un viaggio nella storia antica durato tre incontri. Ma non è tutto, perché per chiudere in bellezza i fucini, forti di queste nuove conoscenze, hanno preso con se stessi il solenne impegno di recarsi ad una delle porte sante della nostra diocesi per vivere in pienezza l’anno della misericordia!



Francesco Tripaldi

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