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lunedì 2 giugno 2014

Chi è Malala? Studentessa, attivista pakistana e non solo!

È il 9 ottobre 2012, siamo nella regione dello Swat in Pakistan; quella mattina una ragazzina di 14 anni esce da casa per andare a scuola a sostenere gli esami di fine corso. Durante il viaggio di ritorno due uomini fermano bruscamente lo scuolabus e chiedono: “Chi è Malala?”. Nessuno risponde, ma senza volerlo qualcuno si gira a guardarla, l’uomo estrae la pistola e le spara tre colpi in viso. Dopo quel terribile giorno Malala non farà più ritorno in Pakistan, e il mondo intero iniziò a chiedersi chi fosse questa ragazza così misteriosa e ritenuta tanto pericolosa, da dover essere uccisa.


Malala nasce in un paese in cui, quando nasce un maschio, tutti escono in strada e sparano in aria, come simbolo di festa; mentre la nascita delle femmine rappresenta un giorno triste, infatti vengono nascoste dietro una tenda e  destinate fin dal principio ad un destino limitato alla cura della casa e alla procreazione di figli da accudire. Il padre, Ziauddin Yousafzai  alla nascita di Malala aveva già intuito che lei aveva qualcosa di diverso.
Malala infatti, adorava studiare e si mostrò immediatamente altruista e caritatevole nei confronti del prossimo, al punto da proporre di accogliere gratuitamente dei bambini che giocavano tra l’immondizia per strada, nella scuola del padre, anche se questo non fu possibile. Questo fu uno dei primi episodi che la spinsero a lottare per l’istruzione universale dei bambini.



L’arrivo dei talebani nella valle dello Swat cambiò radicalmente lo stile di vita dei pashtun, (gruppo etnico - linguistico pakistano) in quanto si presentarono come riformatori islamici e buoni interpreti del Corano, ma con la pretesa di imporre con la forza i propri ideali. Secondo quest’ultimi le donne non potevano uscire da casa, tranne in casi gravi, ma indossando il burqa; alle bambine non era concesso andare a scuola e tutta la popolazione non doveva ascoltare musica, guardare film o ballare. Chi non rispettava queste regole veniva ucciso oppure subiva attentati. Molti per timore accettarono di rispettare questa dittatura, solo la minoranza tentò di ribellarsi, tra questi anche Malala e la sua famiglia. L’assassinio di Benazir Bhutto (primo ministro di sesso femminile in Pakistan, nel 1988), fece aumentare il desiderio di Malala per lottare per i diritti delle donne.
  • Nel 2011, Malala fu scelta dalla BBC per scrivere un diario virtuale su quello che realmente accadeva nello Swat; le fu dato uno pseudonimo per proteggerla. In questo diario raccontava delle sue giornate scolastiche chiedendosi per quale motivo i talebani avessero paura delle ragazze istruite.
  • Nei primi mesi del 2012, gli abitanti dello Swat furono costretti a diventare sfollati interni per lo scoppio di un conflitto tra i talebani e l’esercito; anche se in teoria questo conflitto aveva liberato la valle dello Swat dai talebani.
  • Nello stesso periodo arrivarono le prime minacce rivolte a Malala, che non rappresentarono un ostacolo, bensì aumentarono la tenacia e la determinazione nel portare avanti la sua lotta per l’istruzione, sostenendo che tutti devono morire che sia per mano dei talebani o per il cancro.
  •  Il 9 ottobre, mentre si trovava sull’autobus scolastico di ritorno dalla scuola non vide i due uomini che fecero bruscamente fermare l’autobus e non ebbe modo di rispondere alla domanda “Chi è Malala?”, altrimenti gli avrebbe spiegato che dovevano permettere alle ragazze di andare a scuola. Furono ferite altre due bambine in modo meno grave.  Lei subì un delicato intervento per fermare l’emorragia e fu trasportata d’urgenza a Birmingham. Arrivata in un altro stato lontano dal Pakistan, si svegliò dopo qualche giorno senza sapere dove si trovasse e cosa le era successo. Per tutelare la sua vita e quella della sua famiglia non gli fu loro permesso di tornare in Pakistan, ma Malala spera ancora di poter ritornare per potar a termine la sua lotta.
  • Nel 2013 è stata la più giovane candidata per il premio nobel per la pace. Il 12 luglio 2013, in occasione del suo sedicesimo compleanno, parla al palazzo delle nazioni unite a New York, indossando il foulard appartenuto a Benazir Bhutto e lanciando un appello all'istruzione dei bambini di tutto il mondo:
Cari amici, nella notte del 9 ottobre 2012 i Talebani mi hanno sparato sul lato sinistro della fronte. Hanno sparato anche ai miei amici. Pensavano che le loro pallottole ci avrebbero messo a tacere. Ma hanno fallito. E da quel silenzio si sono levate migliaia di voci. I terroristi pensavano che sparando avrebbero cambiato i nostri obiettivi e fermato le nostre ambizioni, ma niente nella mia vita è cambiato tranne questo: la debolezza, la paura e la disperazione sono morte. La forza, il potere e il coraggio sono nati. Io sono la stessa Malala. Le mie ambizioni sono le stesse. Così pure le mie speranze sono le stesse.
[…]
Cari fratelli e sorelle vogliamo scuole, vogliamo istruzione per tutti i bambini per garantire loro un luminoso futuro. Ci faremo sentire, parleremo per i nostri diritti e così cambieremo le cose. Dobbiamo credere nella potenza e nella forza delle nostre parole. Le nostre parole possono cambiare il mondo. Perché siamo tutti uniti, riuniti per la causa dell’istruzione e se vogliamo raggiungere questo obiettivo dovreste aiutarci a conquistare potere tramite le armi della conoscenza e lasciarci schierare le une accanto alle altre con unità e senso di coesione.
Cari fratelli e sorelle non dobbiamo dimenticare che milioni di persone soffrono per ignoranza, povertà e ingiustizia. Non dobbiamo dimenticare che milioni di persone non hanno scuole. Lasciateci ingaggiare dunque una lotta globale contro l’analfabetismo, la povertà e il terrorismo e lasciateci prendere in mano libri e penne. Queste sono le nostre armi più potenti. Un bambino, un maestro, una penna e un libro possono fare la differenza e cambiare il mondo. L’istruzione è la sola soluzione ai mali del mondo. L’istruzione potrà salvare il mondo.







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