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venerdì 1 novembre 2013

La riforma Costituzionale: potenzialità e limiti

Mercoledì 30 ottobre,nella cappella universitaria, i ragazzi della fuci hanno incontrato il professore del dipartimento di scienze politiche e sociale e direttore della SSSAP Silvio Gambino, Che si é offerto di spiegare ai tanti fucini, ma anche vari studenti universitari spinti dalla curiosità del tema, le potenzialità e i limiti della riforma costituzionale. Il professore ha offerto un'ampia lettura di una riforma che ci riguarda in prima persona, usando anche, ove possibile, un linguaggio più semplice e meno giuridico per sensibilizzare maggiormente le nostre menti.

L'intervento si è basato su un'idea portante, quale la "bella" costituzione che ci rappresenta. Essa si diversifica dalle altre in quanto non considera più l'individuo come soggetto a se stante, bensì come persona, che se da un lato è sinonimo di limite, per quanto riguarda le azioni dei singoli poteri dello stato; dall'altro fortifica la componente cattolica, che acquisisce un ruolo sempre più determinante. Basti pensare che la sovranità risiede nel cittadino e non più nel parlamento; finchè c'è la costituzione, il parlamento non è più sovrano, ciò lo recita l'art 1 della costituzione. Essa regola la cittadinanza all'interno della società,tutto questo è diritto e potrebbe sembrare utopia, ma sta a noi a farla diventare politica.
A tal proposito è necessario distinguere il concetto di legge da quello di costituzione: il primo riflette le culture differenti, quindi basato sul pluralismo, ma esso non deve essere concepito come costituzione. Con quest'ultimo si indica il modello prefigurato di società, che cattolici, marxisti e laici hanno costruito. In questo momento, la costituzione viene considerata come una sorta di spartiacque, in quanto il funzionamento della stato rispetto alla società subisce costantemente cambiamenti.

Ed è proprio la procedura della revisione della costituzione (art. 138,art.139) , che il governo Letta intende modificare. Il problema di fondo sta nella nozione di deroga, che divide parlamentari e costituzionalisti,in quanto essa è connessa al cambiamento di un singolo dettaglio, "una tantum" ;non si tratta di una riforma, attraverso cui avviene una trasformazione radicale.
Perciò il professore Gambino conclude con un'esortazione:"per difendere la costituzione non bisogna stare in pantofole ed essere passivi", vale a dire che non bisogna assolutamente mollare lo stato,ma ancor di più "non mollare i partiti in mano dei piranha", che nonostante presentino discontinuità e incoerenza tra i vari ideali, e piuttosto di coalizzarsi, non fanno altro che creare ulteriori segmenti di rottura nello stato, sono il punto focale della libertà di pensiero. E per quanto sia inevitabile una catastrofe,che riguarda i vari campi,a partire da quello economico per poi arrivare a quello sociale, resta immutato il compito dello stato, che deve intervenire e interferire con il cittadino, il quale deve attuare ciò che viene sancito dalla carta costituzionale e proteggere la costituzione anche con gli istituti di partecipazione. 
Il prof.Gambino ha iniziato e terminato il dibattito con la medesima frase "c'è un tempo e una storia che guida il cambiamento". Meditiamo su ciò che avviene sotto i nostri occhi, affiancando la teoria alla pratica, o meglio, passando dall'astrattismo delle nostre idee alla concretezza.

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